Leonardo

Fascicolo 6


La miseria dei logici
di Giuliano il Sofista (Giuseppe Prezzolini)
pp. 7-8
(7-8)


p.7


p.8



  7

«Chi sa se la Logica non sia una forma
transitoria del pensiero...» L. BOUTROUX.
Congresso Internazionale di Filosofia 1900.

Fra le attività che più mi dilettano è quella di metter delle pulci nelle orecchie alle persone sensate; e di accettare un momento i loro presupposti nascosti, le loro sincere credenze e le loro nascoste vigliaccherie del pensiero, per fare la parte di diavolo tentatore.
   Si crede in generale che noi agiamo proprio per i motivi che la ragione ci suggerisce; sì delibera a lungo e la determinazione sembra risultare, come la posizione dell'indice di una bilancia, dal peso del ragionamenti. Tuttavia vi sono dei fatti che faran dubitare le persone che non hanno durissima fede: come quello della suggestione post-cosciente o a scadenza; di tutti gli inutili fatterelli ed aneddoti da giornali illustrati che la scuola francese di psicologia materialista ha raccolta intorno all'Ipnotismo, è questo uno dei più curiosi e carini. Se ad un soggetto durante la seduta ipnotica vien ordinata un'azione da farsi per esempio il giorno dopo ad una data ora, e poi lo si risvegli e lo si lasci andare per i fatti suoi, quest'uomo si condurrà come nella vita di tutti í giorni; salvo chè nel momento dato egli compirà l'azione ordinata, anche se esca dalle sue abituali. «Egli dimentica la circostanza che l'impulso gli è stato suggerito in un'ipnosi precedente, lo considera come insorgente entro di sé, e spesso improvvisa, mentre cede ad esso, qualche motivo più o meno plausibile o ingegnoso per giustificarsi di fronte a chi lo sta a vedere.» (JAMES Psicologia p. 857). Senza trarre da questo fatto conclusioni pro o contro la vexata quaestio del libero arbitrio, io mi domando se non si potrebbe pensare logicamente che tutti i nostri ragionamenti siano della stessa natura di quelli che l'ipnotizzato a scadenza sa inventare, e se coloro che ritengono di essere pii di altri rispettosi verso la ragione e seguaci della logica nell'agire, non siano che più abili inventori di sofismi per giustificare l'azione; in tal caso la logica non sarebbe altro che una specie di francobollo necessario ai nostri atti sociali per non farli cadere in multa come le lettere non affrancate. A questa conclusione è facile venire per chi sia capace dí una un po' acuta introspezione, e di un'analisi non tanto superficiale del sorgere dell'azione; a costui apparirà chiaro che spesso tutto il nostro sforzo ragionativo non è che un inutile spreco dí forza logica, che la conclusione era già predeterminata innanzi, che tutte le nostre idee provavano una specie di slancio simultaneo verso un dato fine; e giunto alla coscienza di questo processo retroattivo di giustificazione intellettiva, egli concepirà un certo disprezzo per gli uomini che si illudono d'esser convinti da ragioni e da fatti, e saprà trasformare questa sua fino ad allora inconscia attività, in un più stilizzato ed estetico asservimento della logica ai sentimenti. Nè proverà gli scrupoli che tormentano le coscienze timorate di andare contro al vero ed al certo; ma romperà con audacia le strette e rigide rotarie del ragionamento per andare colà dove un profondo istinto personale e una finalità desiderosa di compiersi lo trasporteranno.
   Tali osservazioni non potranno convincere che i convinti; giacchè l'espressione di stati piuttosto singolari e personali della coscienza non puó esser compresa, nè destare eco che in quelli che simili esperienze e conoscenze hanno vissuto.

***
   Non per vana erudizioneria, nè cercando un'autorità che mi facesse di scudo, ho posto ad epigrafe di queste mie note alcune parole di E. Boutroux; le une e le altre faranno fremere i logici, che da povere menti che sono, non sanno comprender la bellezza delle cose periture, e si aggrappano alla eternità come un naufrago alle zucche; tuttavia non mi sembra difficile trovare nei loro pregiudizi — fra cui l'analogia — un fondamento qualsiasi al mio pensiero ed a quello del metafisico francese, tanto cosi perchè le persone che temono l'alto mare, e desiderano la terra ferma, non li dicano un po' troppo campati per aria. Molte credenze sono morte durante la storia del pensiero umano, cui nessuno aveva mai rifiutato il culto che le masse rendono a le divinità riputate eterne. Fra le ultime vi è quella della certezza delle conoscenze matematiche, la quale è più che messa in dubbio — come assoluta, non già come relativa al nostro mondo, — da che si è postulato diversamente da Euclide e da che Riemann e Lobatschewsky hanno costruito geometrie a due, a quattro e ad enne dimensioni, ove è permesso alla somma degli angoli di un triangolo di essere inferiore o superiore a due retti, e per cui il Poincarè può serissimamente enunziare un teorema che suona così: una retta è perpendicolare a sè stessa. Vero è che questi teoremi e queste geometrie si suppongono valevoli solo per mondi diversi dal nostro, né serviranno mai a costruire macchine, o a risolvere problemi di economia politica; onde probabilmente il futuro ministro socialista della Pubblica Istruzione le bandirà come inutili passatempi intellettuali, come una specie di onanismo scientifico, da l'insegnamento ufficiale. Però esse ci fanno pensare alla possibilità di costruire logiche differenti dalla presente, partenti da altre definizioni, ma inutili alla vita sociale e scientifica, e forse per ciò più belle e interessanti, e insieme perfettamente consistenti e rigorose e


  8

non meno corrispondenti ai propri presupposti di quello che ai loro non siano la nostra logica riconosciuta dai manuali scolastici o quella abbreviativa e così interessante nella sua stupida semplicità del senso comune.
   Io non scopro ragioni nella storia della logica per decretarle l'immortalità; anzi, poichè mi si fa l'onore di parlare di logica, io voglio d'ora innanzi chiedere; quale, di grazia? Quella di Aristotile che gli Hegeliani negano, o quella di Bacone confutata da Stuart Mill? E quasi quasi, io pronunzio una più grande bestemmia e mi domando se mai ogni persona non abbia una sua logica propria; il che spiegherebbe forse come da fatti uguali e con studi simili le menti giungano a risultati diversi, sicchè ora non vi è verità cui non possa esserne opposta un' altra, o che non sia stata in buona fede e con efficaci ragionamenti, criticata; e forse anche si potrebbe dire che le conclusioni le detta il sentimento, che la ragione vi mette una compiacente firma e che i fatti si dispongono in battaglia per l'un lato o per l'altro e vincono non tanto per loro forza, quanto per l'abilità di ,chi ha saputo ordinarli.
   La logica infine mi sembra una bellissima e perfetta macchina, così sensibile e complicata da volere esser messa sotto una campana e fatta agire nel vuoto, perchè possa funzionare; le matematiche infatti sono logiche per eccellenza; in esse la verità si ottiene sotto la salvaguardia del principio di contradizione, partendo da certe definizioni e per mezzo del ragionamento per ricorrenza (cfr. MILHAUD: opera citata; e POINCARÈ La Science et l'Hypothèse); esse costituiscono un ammirevole sistema di simboli, un linguaggio semplice e chiaro per riassumere le nostre conoscenze reali, che in sè non ci fornisce alcuna vera cognizione, se non quella psicologica dei nostri processi mentali e della potenza del nostro spirito. Il principio di contraddizione non ha alcun valore che dove entrano in gioco nostre definizioni, poste dall'attività dello spirito per sua comodità ragionativa; nella realtà esso non ha presa, e Stuart Mill ha potuto sostenere non essere punto impossibile che 2 + 2 facciano 5, nè che due parallele riescano toccarsi: inconcepibile sì, ma non impossibile. — Ed ecco io vedo una luce che annunzia una più grande e più lontana liberazione; quella di quando noi arriveremo alla coscienza d'essere i creatori delle verità; se questa non è che l'accordo di certe conclusioni con date premesse secondo certe regole, mutando premesse e regole creeremo infinite verità. Il pensiero è un gioco.


◄ Fascicolo 6
◄ Giuseppe Prezzolini